MARCO BURZIO : Le lacrime di Dio

Vagando per la rete in cerca di qualcosa o qualcuno con cui condividere le testimonianze, le visioni e i giudizi sul vivere in Africa, ho incontrato Marco Burzio. Egli ha girato questo continente per anni avvicinandosi alla vita reale, quotidiana degli africani.
Nel suo racconto "Le lacrime di Dio", trovo considerazioni che condivido pienamente e che io stessa immagino nell'osservare e vivere  la "mia Africa", non dalla posizione privilegiata di cittadina bianca ed europea, ma come "cittadina del mondo" , e assimilo le parole di Burzio quando scrive:
“Ad ogni mio ritorno a casa, aumenta la consapevolezza del baratro che separa i luoghi comuni dalla realtà africana che vivo.
Qui si lacrima per i bimbi africani quando sono lontani e quando non li abbiamo in casa.
Trasmissioni televisive intervistano grandi "viaggiatori" che si muovono con la scorta, il
parrucchiere e il truccatore.” E ancora “La mia Africa è torturata, è malata, è sofferente, anche se è fatta di scrittori geniali, di eccezionali
musicisti, di grandi atleti, di intellettuali profondi, di filosofi acuti e di splendide indossatrici. Ma
sono, come diceva Aristotele, delle "potenze"che mai potranno attuarsi, che mai nessuno conoscerà
perché non hanno potuto sviluppare le loro doti, perché il mondo dei poveri è come la notte della
filosofia di Hegel, talmente buia che tutte le vacche sono nere. Come fa un narratore geniale a
scrivere storie se non è andato alla scuola (che non c'è)? E come si può fare poesia con la pancia contratta dai crampi della fame?Come fai, se hai un po' d'orgoglio e la morte nel cuore, a lasciarti fotografare sorridente da turisti coperti da immacolate sahariane e dai calzini bianchi, che interpretano il rifiuto come il timore che la macchina fotografica catturi la tua anima?
Loro non sanno che nella capanna del selvaggio nero, muore il bambino dissanguato dalla
dissenteria. Il pianto non si sente perché il bimbo sta morendo all'africana. Discretamente e
silenziosamente, quasi vergognandosi di disturbare, rantola sulla terra battuta dove sono stati sepolti gli Antenati, che presto raggiungerà nell'umido abbraccio di madre Africa ..”
( in questo sito si può leggere l’intero articolo e i racconti)

I racconti di Burzio mi hanno fatto sovvenire alla memoria una storia che se reale o immaginaria non saprei dire.
 Un uomo era stato arrestato e recluso nelle immonde prigioni di Bissau, l’uomo proclamava, inascoltato, la sua innocenza. Dopo anni di segregazione, orami anziano ed esausto, si stava lasciando morire d’inedia, quando nella sua stessa cella fu rinchiuso un uomo bianco. L’uomo bianco imprecava, si dibatteva e si rivolgeva al compagno di cella cercando una sua reazione. Questi, invece, rimaneva immobile e silenzioso.
Un giorno l’uomo nero chiede “Dio è il Dio di tutti ed è buono?” L’uomo bianco, ormai rassegnato al silenzio del suo compagno di cella rispose sorpreso e titubante “… Si … credo di si …” – “Se Dio è buono ed è di tutti, perché si è dimenticato di me ?” – “ … Non lo so … non so …” – “Allora dì a Dio che io lo perdono”. Reclinò il capo e morì.

 Io non potei  trattenere le lacrime e capii, o  credetti  di capire cosa significa perdonare.

Commenti

  1. Noi che viviamo nella realtà africana da espatriati troppo spesso non vediamo, o ci dimentichiamo, di tutto ciò che ci sta intorno... Grazie per provare a ricordarcelo!
    Laura

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