La mia Africa, nell'intervista di Eno
UN’ESPERIENZA
AFRICANA
(di Eno Santecchia)
La Sig.ra Paola
Calafati Claudi di Vestignano
(Caldarola) viaggia spesso in Africa per raggiungere il consorte dr. Geol.
Riccardo Claudi che ivi lavora nella
Delegazione dell’Unione. In questo periodo vive part time in Etiopia e oggi
risponde alle nostre domande.
Che cosa rappresenta per te l’Africa e l’Etiopia?
Prima che una
qualsiasi esperienza raggiunga la propria coscienza e modifichi il giudizio
sulla realtà, fino a suscitare emozioni profonde, ciò che vedi deve
attraversare le attese e i pregiudizi che i mezzi d’informazione hanno
contribuito a formare su quella specifica realtà.
La Guinea Bissau è stata la mia “prima
Africa”, arrivata dopo sei anni di permanenza in un’Albania post bellica.
L’esperienza di una nazione così detta in “via di sviluppo” anticipava, quindi,
l’arrivo in una nazione del “quarto mondo”, ancora più devastata dalla fame e
dalle malattie, ancora più instabile politicamente. Lo spaesamento provato la
prima volta che sono atterrata all’aeroporto di Tirana (correva l’anno 1999), per
l’assenza di qualsiasi elemento strutturale che ricordasse i nostri aeroporti, divenne
commozione quando atterai all’aeroporto “Joao
Viera” di Bissau. Fu
commozione perché improvvisamente la pista si aprì tra le acacie della fitta
foresta subtropicale tra le quali s’intravedevano i villaggi dei “non
civilizzati”, come li chiamano i guineensi. Fu intenerimento perché sapevo che
sarei stata assediata da una moltitudine di bambini imploranti un po’ di cibo o
di denaro e da storpi laceri, che solo la generosità di una terra ricca di
frutta e un mare pescoso consentono loro di sopravvivere e la provvidenza dei
missionari permette di curarsi. Per cinque anni la Guinea Bissau fu la
destinazione dei miei viaggi. Con mio marito visitammo molte località ed
entrammo in contatto con la gente dei villaggi, con i “cittadini” più evoluti
che avevano avuto la possibilità di studiare in Europa. Conoscemmo i sentimenti
veri, profondi e disperati dei giovani e imparammo la saggezza degli anziani ….
Fummo affascinati dalla fiera bellezza di alcune etnie, dalle loro tradizioni,
dalla loro musica… apprezzammo la bontà della frutta (la migliore del mondo!) e il sapore unico dei gamberi, contesi dai
pescherecci di tutto il mondo. Ma, allora perché una nazione così poco
densamente popolata i e una potenzialità così elevata è sempre sul punto di
collassare? La risposta che mi sono data è complessa e definisce ciò che
rappresenta per me l’Africa che ho conosciuto: lo smascheramento della mistificazione,
dei luoghi comuni, dei giudizi parziali e razzistici che l’occidente più
“aggressivo” ha strumentalmente ammannito all’opinione pubblica. La “mia”
Africa, dunque, è conoscenza e verità, è recupero delle origini dell’umanità, è
libertà da tutte quelle sovrastrutture che le società occidentali hanno imposto
come “bisogni” sterili e superficiali.
Il motto dell’ associazione Amici della Guinea Bissau http://amicidellaguineabissau.blogspot.it/
) sintetizza molto bene il senso di condivisione che permane anche dopo aver
lasciato quella nazione. Recita così: “ Condividere realtà e sogni, condividere
disperazione e speranza, condividere semplici emozioni della vita quotidiana”.
Questo background ha condizionato la
prospettiva con cui poi ho vissuto e vivo la permanenza ad Addis Abeba. L’Etiopia è una nazione immensa, ma con una
storia e una civiltà unica, è la nazione guida dell’intera Africa, con
tradizioni e culture tanto antiche, quanto sofisticate. Nella regione dell’AFAR
è stata ritrovata LUCY, la nostra antenata, vissuta almeno 3,2 milioni di anni
fa. La chiamarono Lucy, in onore della canzone Lucy in the Sky with Diamonds dei
Beatles,
mentre in amarico è nota come Dinqinesh, che significa
"Tu sei meravigliosa".
Addis Abeba si trova su un altipiano, a 2400
m. di altitudine. Il suo cielo, nella stagione secca, è azzurro, terso,
splendente … percorso dai voli ampi delle aquile che qui dimorano numerose. Conta
circa sei milioni di abitanti ed è sede dell’Unione Africana, per questa
ragione, consolati e ambasciate di tutta l’Africa e del mondo intero sono qui
rappresentati. Un’altra Africa rispetto alla Guinea Bissau! Eppure la povertà è
ugualmente lacerante e ingiusta: ormai ne conosco il volto e le dinamiche che
ne fanno il più redditizio e colpevole dei “commerci” …
Puoi solo trovare. Trovi un rapporto primitivo, originale con
le cose, il cibo, l’aria, la terra su cui cammini …” ( http://cantoedisincanto.blogspot.it/ )
Come
ti trovi in Etiopia?
-
Le condizioni di vita in Addis Abeba sono
piuttosto favorevoli. Fatta eccezione per il pesce, si trova qualsiasi
alimento. Ci sono abitazioni decisamente di lusso con acqua e luce costanti,
palazzi commerciali modernissimi, ottimi ristoranti, cinema. Gli
istituti di cultura organizzano incontri, stage, conferenze che
consentono di seguire eventi culturali di un certo interesse (http://cantiedisincanti.wordpress.com/2012/02/23/22-febbraio-2012-claudio-filippini-allistituto-italiano-di-cultura-di-addis-abeba/)
Tuttavia
sono necessaria prudenza e protezione: pensa che siamo costretti ad avere in
casa una guardia costante e abbiamo dovuto blindare la stanza da letto. Mio marito, ha subito un’aggressione mentre
passeggiava in un parco senza le dovute cautele. Per fortuna l’arrivo di altre
persone ha evitato il peggio.
Quali sono i problemi socioeconomici più rilevanti dell’ex
colonia italiana?
Innanzi tutto devo rettificare la
definizione dell’'Etiopia come “ex colonia” perché gli etiopi sostengono di
essere stati “ occupati” e non colonizzati. Vantano orgogliosamente il primato
di essere l’unico paese africano a non aver subito una colonizzazione.
In ogni caso l’Etiopia è un paese
antichissimo dalla storia complessa. Dopo la breve occupazione italiana (dal
1936 al 1941) l'Inghilterra ne assume il controllo restaurando l'autorità
dell'imperatore Haile Selassie fino a quando, nel 1974, con un colpo di stato
il colonnello Mengistu s’impadronisce del
potere instaurando un regime filo marxista (il Derg) che governa il
Paese per diciassette anni. Nel 1991 la rivoluzione interna raggiunge il suo
culmine, Menghistu fugge e, al suo posto, s’instaura una coalizione di ribelli
capeggiata da Meles Zenawi del Tigray, tuttora al governo. Oltre ai contrasti
etnici interni, che continuano comunque a perdurare, l’Etiopia ha conflitti
aperti anche in politica estera con la vicina Eritrea e con la Somalia.
La povera economia etiopica è basata
sull'agricoltura che però risente delle frequenti siccità e da primitive
tecniche di coltivazione, sui cui si sta “innestando” l’invadente presenza
cinese, che a mio avviso sta alterando la qualità e la biodiversità
agroalimentare locale.
L’alto tasso di crescita della popolazione,
che vede un aumento di 2,3 milioni di persone l’anno, combinato con la lenta
crescita economica e il basso livello di educazione, ha limitato lo sviluppo
socio-economico dell’Etiopia. La sanità, così come tutti gli altri importanti
settori sociali, ha risentito notevolmente dei cronici problemi economici che
affliggono il Paese da decenni. Tuttavia in Addis Abeba è possibile trovare
strutture sanitarie piuttosto bene organizzate.
Addis Abeba fu scelta dalla Regina Taytu
come sua residenza per l’assenza di malaria e una piovosa stagione delle piogge
che assicurava acqua alla regione. Il
rapido sviluppo edilizio (evidentemente caotico, quanto speculativo) della
capitale ha indotto un’urbanizzazione in attesa di nuova crescita nei prossimi
decenni: un’alta parte della popolazione urbana è ora concentrata nella
capitale Addis Abeba.
Anche se negli anni recenti questa
proporzione si va via via riducendo, prevedendo una nuova caduta dal 2015, la
crescita annuale della popolazione della capitale è ancora in aumento.
E’ in aumento anche la popolazione di altre
città di dimensione minore rispetto ad Addis Abeba, come le capitali regionali,
per via di una decisione governativa di dividere l’Etiopia in dodici regioni.
L’accesso all’acqua potabile copre circa il
25% dell’area rurale e circa l’85% di quella urbana: un dato decisamente
preoccupante! Inoltre, l’Etiopia è uno degli ultimi stati al mondo per rapporto
tra strade e popolazione … ma ai cammelli non servono né strade, né ferrovie!
E quali quelli umanitari e di ordine sanitario?
La grave siccità che ha attraversato, dall’autunno
2010, la zona del Corno d’Africa, ha determinato problemi ingenti per gli
abitanti di questi Paesi, che già soffrivano situazioni d’instabilità politica,
guerra, fame e ingiustizia sociale.
Le aree più colpite sono state: il
centro-sud della Somalia, il Kenya, soprattutto nelle regioni del nord e
dell’est, la parte meridionale e orientale dell’Etiopia, l’Eritrea e Gibuti. La
situazione attuale, nonostante gli aiuti forniti, è ancora critica.
I dati di febbraio 2012 calcolano ancora
circa milioni di persone colpite dalla siccità, e attualmente bisognose di
aiuto.
Nella prima metà di novembre 2011,
l’arrivo delle piogge ha accresciuto la disponibilità di acqua in molte aree
del Corno d’Africa, soprattutto in Kenya ed Etiopia, ma anche in Somalia il
paese più colpito dalla crisi, dove le Nazioni Unite hanno dichiarato,
recentemente, la fine dello stato di carestia.
Un
fattore di crisi importante sono gli alti prezzi del cibo che nonostante una
lieve riduzione, sono molto alti in relazione ai bassi redditi familiari.
Alla siccità e alla crisi alimentare hanno
fatto seguito rilevanti problemi di salute e imponenti.
movimenti umani dalle zone più colpite
verso luoghi considerati più sicuri.
I
principali problemi sanitari, riconducibili alla crisi della siccità, sono la
disidratazione, la dissenteria, l’anemia; si sono inoltre diffuse pericolose
epidemie quali la “dengue fever”, il colera, il morbillo, e infezioni delle vie
respiratorie.
In Etiopia la situazione sta gradualmente
migliorando grazie all’arrivo delle piogge.
Complessivamente, però, la situazione è
ben lungi dall’essere risolta.
Che cosa
ricorda l’Italia ad Addis Abeba e in altre città?
Nonostante l’eccidio ordinato dal maresciallo
Graziani, la presenza italiana in Addis Abeba , è molto benvoluta, ricercata e
apprezzata. Qui, come altrove, ho avuto modo di costatare che la gente, il
popolo, distingue molto chiaramente il comportamento militare e politico dei
governi dall’attitudine delle singole persone a instaurare rapporti positivi,
cordiali, pacifici. Motivo per cui, in tutte le nazioni in cui ho vissuto, ho
sperimentato il gradimento, oserei dire l’affetto nutrito verso gli italiani cui
è riconosciuta, simpatia, senso di solidarietà, allegria, umanità, creatività,
cultura …
Anche se ormai sono solo gli anziani etiopi a
parlare un po’ d’italiano, sono in molti, anche giovani, che vogliono
avvicinarsi alla nostra cultura.
L’Ambasciata
italiana è la più antica, insieme con quella britannica. E’ la più grande e
quella dotata di un enorme parco, ora parzialmente ceduto alla città di Addis
Abeba.
Poi c’è lo storico “Club Juventus”. Il Club degli italiani, dove gli espatriati,
italiani e non, si ritrovano per gustare piatti nostrani, e praticare altre
attività ricreative.
Non è certo un caso che lo scettro di miglior
ristorante di Addis Abeba sia detenuto da Castelli: indiscusso merito,
universalmente riconosciuto!
In tutte le più importanti citta etiopi si trovano
tracce della presenza italiana. Ad esempio nel centro
di Gondar ritroviamo
l'influenza architettonica dell'occupazione italiana nei tardi anni trenta. Il
palazzo delle Poste, i negozi porticati della piazza, il cinema, e altri
edifici pubblici edificati secondo i dettami del Razionalismo italiano, sono
ancora ben conservati e imitati.
Il Palafrica, prima
sede dell’Unione Africana, e il Municipio di Addis Abeba portano la firma dell’architetto
italiano Arturo Mezzedim. Strutture cui
si sono “ispirati” i cinesi per “donare” (in
cambio di cosa non è dato sapere) all’Etiopia l’attuale sede dell’Unione
Africana.
Altre tracce della presenza italiana si ritrovano
in negozietti di antiquariato, dove è possibile trovare monete, mappe, divise
militari e addirittura trattati del periodo dell’occupazione italiana.
Quali sono gli apporti umanitari e all’istruzione delle ONG
religiose?
Gli apporti sono decisivi e sostanziali e parlarne
richiederebbe un trattato. Nel corso della mia esperienza ho maturato la
convinzione che i missionari sono gli unici ad aver realmente impresso un vero
sviluppo ai territori e alle persone cui si sono fatti prossimi e con loro
hanno condiviso guerre, carestie, pestilenze.
In Guinea Bissau ho conosciuto Padre Ermanno
Battisti, ora a Roma per motivi di
salute, e invito a collegarsi a questo
sito http://www.circolougobassi.gov.it/SOLIDARIETA'%20cartella/SOLIDARIETA'.htm
per leggere la storia dell’elefantino di
legno e della Clinica Pediatrica di Bor, divenuta oggi la prima Clinica della Guinea
Bissau, a cui lo stesso Ministero per la salute deve fare riferimento.
Anche in Etiopia la presenza delle missioni interviene
su tutti i settori più vitali: sanità, istruzione, lavoro. Le missioni sono
sovente aiutate da volontari che in vario modo intervengono con aiuti concreti
per sostenere sia le opere, sia le persone.
Ho avuto modo di conoscere le attività dei padri Cappuccini che operano
in Etiopia e incontrare di recente Padre Gianni, del Convento di Renacavata di Camerino
che accompagnava un gruppo di volontari. E’ stata un’ ulteriore conferma
dell’umanità agita fuori dai riflettori, dall’informazione di massa, eppure
preziosa quanto la Vita stessa . ( http://cantoedisincanto.blogspot.it/)
Molti europei non viaggiano nel Corno d’Africa per paura di
contrarre malattie infettive o di rapimenti? Com’è effettivamente la situazione
oggi?
Sinceramente penso ci sia il problema
contrario e cioè che nonostante le raccomandazioni del Ministero degli esteri,
troppe persone si avventurano in questi paesi senza le dovute precauzioni e per
un male interpretato concetto di “vacanza”, raggiungono località che sono
scenari di guerra e si espongono al rischio di rapimenti, malattie e
quant’altro. Qui, come altrove, il turismo sessuale è una piaga sociale che
riguarda sia chi lo pratica, sia chi lo subisce.
Viaggiare è qualcosa di profondamente
diverso dal fare turismo e vorrei citare la frase che ho inserito nella
presentazione di uno dei miei blog “Se
hai cuore, non puoi perdere niente, dovunque vai. Puoi solo trovare.- (da
Chourmo, Jean Claude Izzo) Bella intuizione, quanto vera ! Trovi te stesso:
perché entri in contatto con dimensioni sociali e culturali che esercitano la
tua parte più’ incognita. Trovi l’altro: di cui scopri una diversità per nulla
minacciosa. Trovi un rapporto primitivo, originale con le cose, il cibo,
l’aria, la terra su cui cammini …” (
http://cantoedisincanto.blogspot.it/ ). Credo che se non si
recupera questo senso del viaggio, sia “pericoloso” anche il solo girare l’angolo di
casa!
Nei gravi problemi che affliggono l’Africa molti
attribuiscono gravi responsabilità alle nazioni europee ex colonialiste. E così? Oppure un po’ di colpa è anche dei nativi?
Caro Eno, anche qui ci vorrebbero pagine e
pagine per rendere un’analisi almeno prossima al reale stato delle cose,
tuttavia è Storia che lo schiavismo
in Africa sia
un fenomeno le cui origini risalgono all'antichità e che durò fino alla fine
del diciannovesimo secolo. Allo schiavismo autoctono
diffuso nelle antiche civiltà africane, si aggiunse, in
un secondo tempo la pratica di catturare schiavi nell'Africa subsahariana per
venderli altrove. Questo commercio avvenne storicamente lungo diverse
direttrici: prima attraverso il Sahara verso
il Nordafrica, poi
dalle coste africane sull'Oceano Indiano verso i paesi arabi e
l'oriente, e infine verso le colonie europee nelle Americhe.
Per la maggior parte dei paesi africani, l'abolizione dello schiavismo, e
quindi la fine della tratta degli schiavi, avvenne nell'epoca immediatamente
precedente la spartizione
coloniale del continente: « Il continente africano è stato privato
di molte risorse umane usando tutte le vie possibili.”. Attraverso il Sahara,
il Mar
Rosso, i porti dell'Oceano Indiano e quelli
sull'Atlantico. Per almeno dieci secoli la schiavitù ha portato benefici al mondo
musulmano. Quattro milioni di schiavi sono passati per il Mar Rosso, altri
quattro hanno transitato per i porti dell'Oceano Indiano, forse nove milioni
sono quelli che hanno attraversato il deserto del Sahara. …. »
Stando
coì le cose, come assegnare con certezza le responsabilità e le colpe?
La globalizzazione ha fatto il resto e portato
al disastro ambientale, sociale e finanziario cui oggi assistiamo e che
dobbiamo fronteggiare.
Di cosa avrebbe bisogno l’Etiopia di oggi?
Di ciò di cui tutte le nazioni
necessitano: buoni governi, buone politiche, equità nella distribuzione delle
risorse, tutela del territorio, istruzione, sanità … in definitiva di una nuova
evoluzione del pensiero umano che recuperi il senso dell’umanità e della vita.
È servito a qualcosa il sacrificio della giornalista Ilaria
Alpi per contrastare il traffico illegale di rifiuti tossici e armi con la
vicina Somalia?
Voglio illudermi che la coscienza di noi
comuni cittadini, unici titolari di una democrazia sfigurata dai governativi,
sia stata così sollecitata da quest’omicidio da farci rinunciare a un’omertà
che ci rende, di fatto, complici di un potere occulto, abbia rinvigorito la
nostra capacità d’indignazione e denuncia. Sono, però, processi lenti e gli
esiti forse li vedranno le generazioni future.
Il problema della mutilazione genitale femminile è sentito?
Sì, soprattutto tra i giovani che
cercano di affrancarsi da un costume profondamente radicato e che appartiene al
senso dell’onore di alcune tribù. In Addis alcuni Istituti di cultura e alcune
ONG hanno organizzato mostre, convegni, laboratori per dibattere questo tema
principalmente da un punto di vista medico e sanitario.
Hai visitato qualche sito archeologico?
Ho avuto modo di visitare MELKA
KUNTURE, una località situata a quasi cinquanta
chilometri a sud di Addis Abeba, sulla strada per Butajira e dalla quale si
scorgono le rive del fiume Awash.
La località è un sito
archeologico dove scienziati hanno portato alla luce fossili, utensili di
pietra e altri simili oggetti, appartenuti all’uomo primitivo.
Questi fossili risalgono,
infatti, a milioni di anni fa. Si tratta di un sito paleolitico che si estende
per cinque kilometri lungo le rive del fiume Wash.
Ebbi la fortuna e l’onore di incontrare nell'area
archeologica il Prof. Marcello Piperno, così all'interesse per il
sito si unì il piacere di conoscere questo scienziato che, da anni, guida la
missione internazionale di scavi in questa zona.
In una delle sue pubblicazioni, il
Prof. Piperno definisce questo sito come "... uno
degli archivi più completi della preistoria umana. Melka
Kunture si trova sull'altopiano etiopico, a circa 2000 m, ed è
attraversata dal corso superiore del fiume Awash. Per la sua
lunga sequenza, che abbraccia un periodo compreso negli ultimi 1.7
milioni di anni, costituisce uno dei registri più completi in cui è
possibile ricostruire, senza apparenti soluzioni di continuità, i processi
cognitivi e le scelte adattative che caratterizzarono i più antichi
rappresentanti della nostra specie. "
E’
stata una vera emozione!
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